Sfruttare il Potere della Narrazione

IL POTERE DELLA NARRAZIONE

I racconti del nonno o della nonna

Tutti noi da bambini siamo rimasti incantati dai racconti del nonno o della nonna o della mamma o del papà e aspettavamo questo momento come un’occasione splendida per stare con loro e perderci con la fantasia in un racconto. Con la narrazione si sono formate generazioni e generazioni a partire forse dalla comparsa dell’uomo sulla terra.
Anticamente i narratori affidavano al racconto orale la loro narrazione e riuscivano spesso nel loro intento di catturare l’attenzione degli ascoltatori e talvolta anche di rimanere nella loro memoria. Poi si sono serviti della scrittura su materiali primordiali: le pareti delle caverne, poi le tavolette di pietra, poi quelle di cera, i papiri, più tardi ancora la carta. Da quel momento gli scritti o i libri iniziarono a vivere una vita propria.
Solo nel 1500, con Gutenberg avremmo avuto i caratteri tipografici e la stampa. Eppure, sia i narratori, che gli scrittori, che gli attori non facevano altro che evocare e rappresentare ciò che lo spirito creava e attraverso la comunicazione orale o scritta sarebbe stato successivamente presentato o rappresentato.
Questo è accaduto da sempre perché sempre vi è stato chi, insieme a chi produceva cibo o case o oggetti d’uso comune, si sarebbe occupato di tramandare quello che era accaduto anticamente oppure accadeva in quel momento oppure ancora non era accaduto davvero, ma attraverso il racconto, aveva soddisfatto le attese e le curiosità di molti, magari mischiando la realtà con la fantasia.

Storia e metastoria

Spesso i racconti riguardavano personaggi celebri che in qualche modo si erano distinti per le loro particolari qualità: il coraggio, la forza, l’abilità, la scaltrezza, la capacità imprenditoriale, la forte personalità… ma a volte le figure non corrispondevano ad un modello vivente, ma ad archetipi che incarnavano quelle qualità. Così nacquero le storie di Alessandro Magno e di Giulio Cesare, ma anche quelle di Ulisse, di Polifemo, piuttosto che i miti greci, popolati da eroi mitici, Ercole, Andromaca… e dalle stesse divinità: Zeus, Giunone, Mercurio…
Tutti questi racconti nascevano in risposta alla domanda di senso, per giustificare quello che ancora le scienze non avevano ancora spiegato, oppure per venire incontro all’esigenza umana di ascoltare un racconto. Non è infatti un mistero che il nostro cervello abbia una particolare attitudine ad apprendere e ricordare tutto che viene messo in una certa sequenza logica e che rispetti i canoni della razionalità e della verosimiglianza.
Come mai? Cosa c’è di così innato nell’uomo che rende così necessarie le storie?
Com’è risaputo le neuroscienze oggi sono in grado di monitorare l’attività cerebrale ed è dimostrato che le storie mettono in moto non solo la corteccia frontale, la parte razionale del cervello, ma anche quella sensoria e motoria. Inoltre, attraverso l’emozione, vengono coinvolti i neuroni specchio che tendono ad entrare in risonanza con un racconto e a riprodurre delle reazioni neurali del tutto analoghe – in qualche caso identiche – a quelle prodotte da un avvenimento reale al quale si assiste.

Storytelling

Ecco perché oggi le persone così come le organizzazioni hanno interesse a coinvolgere in un racconto credibile il loro pubblico ed ecco perché lo storytelling – il racconto di una storia, la narrazione – ha una portata sempre più ampia, purché non sia esclusivamente autoreferenziale e abbia un contenuto d’informazione che il pubblico ritenga utile.
Si deve distinguere la comunicazione che viene fatta per puro intrattenimento da quella – come quella corporate o anche quella politica o ideologica – che invece tende a stimolare un comportamento. Mentre nel primo caso essa deve solo contribuire a creare un “luogo” nel quale lo spettatore possa ritrovarsi e vivere la propria avventura nell’ambito di quella rappresentata.
Nel secondo vi devono essere altri elementi che motivino lo spettatore a prendere una decisione o a cambiare il proprio comportamento in una certa direzione. La comunicazione oggi è infatti bilaterale, interattiva e un racconto o una presentazione che non comporti un ruolo attivo
del pubblico finisce con l’essere poco convincente.