Angelo Affinita, imprenditore per amore

Leggi la biografia dell'imprenditore Angelo Affinita curata da Stefano Sabetta e Alessandro Pagano

 Credo esista una parola, oggi poco usata, per descrivere, se possibile, l’uomo Angelo Affinita: “galantuomo”.

Biografia di Angelo Affinita

Conobbi Angelo verso la metà degli anni ‘90 per una serie di cause e concause indipendenti dalle nostre volontà: un grande cliente comune, nella sua politica di riduzione numerica del parco fornitori, mi chiese di assumere la produzione di una serie di componenti che un fornitore situato in Campania stava attualmente loro fornendo a motivo del volume di fatturato relativamente basso derivante da tale fornitura. Mi recai allora ad Arpaia, accompagnato da due collaboratori, per conoscere la realtà industriale della Plast Caudio ed incontrarne la proprietà, con l’obiettivo di stabilire modalità, tempi e costi relativi allo spostamento di tutte le attrezzature e tutte le attività a Torino presso il mio stabilimento.
Mi si presentò un imprenditore chiaro, pacato, lungimirante con una ben definita strategia industriale ed i piedi ben posati per terra che aveva fondato e fatto crescere un’azienda con una cura scrupolosa perfino dei dettagli, l’attenzione alla struttura dei costi, l’automazione dei processi, la ricerca ed il perseguimento della qualità e della soddisfazione del cliente. Durante quell’intera giornata nella quale avemmo modo di conoscerci e di approfondire i rispettivi punti di vista e non solo sul “business” contingente, ne ricavai la netta impressione di trovarmi di fronte ad un imprenditore del Sud profondamente innamorato della sua terra; un uomo al quale non importava “apparire”, ma “essere”; una persona che perseguiva, nella sua azienda, il profitto e la crescita sempre avendo presenti le responsabilità nei confronti dei propri dipendenti e delle loro famiglie. Dalla visita alla Plast Caudio e dalla conoscenza di Angelo scaturì il fatto che non solo non spostai alcuna delle produzioni lì presenti, ma rien- trato a Torino, gli trasferii, da produrre in “outsourcing”, numerose attrezzature relative a componenti destinati a stabilimenti del sud Italia. Negli stessi giorni, dovendo affrontare, sempre in provincia di Benevento, una grave crisi aziendale di un fornitore, Angelo, che avevo appena conosciuto, mi mise a disposizione, senza contropartita alcuna, uomini e mezzi per lo spostamento di attrezzature ed il lavoro straordinario e notturno della sua fabbrica pur di non fermare la produzione del cliente comune! La conoscenza con Angelo si approfondì e si trasformò in amicizia quando lo coinvolsi e lo convinsi ad accettare la candidatura in seno alla Giunta di Presidenza di Unionmeccanica – Confapi (l’unione di categoria nazionale delle industrie metalmeccaniche aderenti alla Confapi) nella quale, come Past-President avevo diritto a partecipare. Passammo, in quel ruolo, vedendoci con una certa frequenza e sentendoci spesso, otto anni nei quali, oltre ad affrontare le problematiche generali della categoria, trattammo e definimmo con le organizzazioni sindacali due CCNL (contratti collettivi nazionali di lavoro).
In quelle situazioni scoprii altri lati di Angelo:

– la sua allegria unita ad un’ampia disponibilità,
– la sua capacità di essere sempre se stesso adattandosi ad ogni situazione sia che fossimo con ministri della repubblica o con sindacalisti d’azienda,
– il suo ottimismo, non di maniera, ma motivato e responsabile,
– la capacità di ascoltare gli altri senza interromperli (oggi è una rarità!) e, anche nelle discussioni più accese, riuscire con pacatezza ad esprimere la propria opinione perseguendola con convinzione.

Era un bravo imprenditore ed un galantuomo anche perché in ogni suo progetto metteva l’UOMO al centro.

Alessandro Cocirio
Past President Unionmeccanica e Confapi

Introduzione

 

Nel delineare il profilo di Angelo Affinita vengono subito in mente alcune sue frasi tipiche che riassumono alcuni tratti del suo pensiero e che di tanto in tanto egli adottava per aiutare l’interlocutore a percorrere il filo del suo ragionamento. “È l’uomo che fa la differenza” oppure “sono ottimista ma anche realista” oppure ancora “l’azienda è un bene sociale, non un arricchimento personale”. Un pensiero veloce, rapido, profondo e che si spinge avanti. Molti degli intervistati dopo la sua scomparsa hanno affermato che Angelo Affinita era “avanti” rispetto agli altri, molto avanti. È tipica dell’imprenditore la capacità di vedere proiettata nel futuro la propria idea – ciò che gli inglesi chiamano “vision” e di lavorare affinché essa si realizzi, un po’ come l’artista che vede in anticipo la figura che va a rappresentare e la sua azione non è altro che un togliere (o un mettere) ciò che le manca per essere nella rappresentazione ciò che già esiste nella sua testa. “In quel blocco di marmo c’è una statua – disse Michelangelo ad un suo interlocutore – ed io devo liberarla”. In tal senso egli è un “visionario” in senso inglese, uno che “vede in anticipo”, e anche per questo rischia di essere – e spesso lo è – incompreso, ma questo non lo scoraggia, lo forgia, talmente grande è l’amore, la passione che lo lega alla sua idea, al suo progetto, che arriva alla completa abnegazione e ad annullarsi del tutto, pur di vederla realizzata. Si potrebbe quasi dire che essa arriva a prevalere su di lui, sulla sua personalità, ma in effetti è proprio nell’abnegazione, nell’annullamento di se stesso, che egli ha il suo maggior guadagno, nel vedere come questa idea, figlia del suo ingegno, vive e prende forma, anche indipendentemente dalla mente che l’ha concepita. Ecco perché in realtà l’imprenditore deve possedere una serie di qualità tutte insieme e senza alcune di esse – la costanza, la tenacia, la fortezza, la pazienza, l’umiltà, la capacità di coinvolgere altri – sarebbe impossibile arrivare a tradurre in pratica quell’idea, quel progetto. Un altro tratto tipico del suo carattere era la giovialità, l’apertura, la disponibilità, l’amabilità. Così come l’interesse sincero per l’altro, al di là dell’aspetto contingente che in quel momento li metteva di fronte, si trattasse di un cameriere o di un socio in affari.

E ancora la precisione, l’attenzione al particolare, l’orrore dello spreco. Angelo Affinita aveva un’intelligenza lucida, sveglia, pratica, che lo poneva subito in rapporto vivo con la realtà e lo metteva in condizione di aiutare gli altri, cosa che alla fine, forse, gli interessava più di ogni altra cosa. Ecco, questo davvero lo interessava: gli altri, le persone singole, come si ponevano di fronte alla vita, che insegnamenti traevano.

C’era in lui un atteggiamento spiazzante che mettono bene in evidenza Mariangela e i suoi fratelli nella lettera di commiato che dirigono al papà appena dopo la sua scomparsa: tu gli andavi a chiedere qualcosa – e ci andavi perché lo sapevi davvero esperto di molte cose – e poi tornavi con una risposta interlocutoria o un’altra domanda o “un metodo”, perché ad Angelo non importava tanto darti la risposta e basta, ma, piuttosto, darti gli strumenti per risolvere da solo quel quesito che tu gli avevi posto. Qualcuno direbbe
che preferiva insegnarti a pescare piuttosto che regalarti un pesce. È la tecnica antica della maieutica socratica, che Angelo non aveva studiato, avendo la quinta elementare, o, come si direbbe oggi del “coaching”, che pur senza aver studiato Angelo praticava per istinto. E lì, dopo un po’ di delusione iniziale, di chi si aspettava la “pappa pronta”, ti rendevi conto di trovarti di fronte a un maestro, un maestro di vita. Questo diremmo essere un altro tratto caratteristico della sua ricca personalità.

Eppure non deve essere stato sempre così. Pratico, lungimirante, questo sì, lo era già a sedici anni quando inizia a trasformare in un’industria l’attività di falegname del padre, che assiste perplesso ai suoi tentativi di mettere in serie la produzione degli infissi, che aveva sempre considerato come un’opera d’arte o, quantomeno, d’artigianato, non possibile da lavorare con economie di scala. Organizzatore, imprenditore, questo sì, doveva esserlo ben presto Angelo, sempre in riferimento all’evoluzione del lavoro di bottega paterna. Ma così disponibile, così attento alle esigenze altrui, beh, forse questo è venuto con il tempo, con l’esperienza, quando si è formata la certezza di avere modo di aiutare gli altri e, soprattutto, con la sofferenza sopportata sulla propria pelle, d’incomprensioni, di maltrattamenti subiti, di invidie, di scarsa fiducia magari ispirata a chi egli aveva tanto aiutato. Forse anche per questo Angelo, essendo passato attraverso molte difficoltà e una profonda sofferenza, è in grado di capire il prossimo e di mettersi completamente a suo servizio. Non c’era uno stimolo sufficiente alla sua attività imprenditoriale se non si rendeva conto che da queste sue trovate, da questo suo sacrificio, questo sforzo prolungato e il pensiero giorno e notte a quello che aveva messo su, dipendeva il bene, la serenità di molte decine, centinaia di famiglie che potevano proteggersi all’ombra della sua paternità. Ecco perché il sottotitolo più adatto a questo profilo biografico sembra essere imprenditore per amore, come suggerisce sua moglie Dora, la sua fedele compagna di sempre, in famiglia, al lavoro, nella vita. Se c’è un’altra cosa nella quale si rileva un giudizio concorde di tutti è proprio il grande contributo che ha dato Dora alla crescita, allo sviluppo umano e imprenditoriale di questo grande uomo. Lo riconosceva lo stesso Angelo: “io senza Dora, non sarei arrivato a questo punto”. Quale punto? Un gruppo industriale con oltre 400 dipendenti, situato al Sud, con una componente di rischio di almeno 10 volte maggiore rispetto a quella che avrebbe incontrato al Nord. No, questa non è un’agiografia. Non lo è negli intenti, giacché quello che qui si vuole ottenere è un profilo di una personalità così significativa il più possibile aderente a quello che egli è stato, nel desiderio di lasciarne costanza. Non lo è neppure negli strumenti, che sono quelli di un’indagine ricognitiva che non arriva ad essere, per il momento, ricerca storica, delle testimonianze su
di lui e sul suo operato. Quella di Angelo Affinita è una storia vera, con le sue tinte scure, anche, ma dalla penombra di questo quadro Angelo esce in modo chiaro, vibrante, come un uomo, un padre, un maestro. Già, perché Angelo era tutto questo. Si può affermare che le testimonianze raccolte non lascino dubbi. Ogni personaggio che ha interagito con lui nella routine quotidiana ha conosciuto una sola sfaccettatura su mille di una sorta di diamante. Affinché la luce di questo diamante possa brillare è necessario che tutti i suoi interlocutori abbiano conoscenza o quantomeno intravedano le altre facce della pietra preziosa. La possibilità d’interrogare sua moglie, i suoi figli, i suoi amici, i suoi collaboratori e tutti i suoi dipendenti ha messo in luce i diversi aspetti della ricca personalità di Angelo Affinita. Don Angelo, come al Meridione si usa dire delle persone rispettabili, era un uomo semplice, forgiatosi al suono degli scalpelli di una falegnameria. Nella sua giovinezza, mentre i suoi coetanei seguivano forse un po’ annoiati le lezioni di severi professori, egli si lasciava guidare dagli insegnamenti che provenivano dal duro lavoro di bottega, ma con un atteggiamento particolare, di studio, direi: egli cercava non una specifica risposta, ma modelli di ragionamento da applicare al problema contingente, che valessero però anche per quelli venturi. Angelo Affinita era al tempo stesso allievo di un capo mastro di bottega, ma anche già maestro. La soluzione di tutti i problemi di chi gli chiedeva consiglio era sempre lì, tra i martelli e gli scalpelli, diverso era il legno, ma uguale lo strumento da usare: il ragionamento. In quella bottega continuava a trovare sicure risposte per sé, ma a volte era disposto anche ad insegnarle a chi si trovasse in difficoltà.
Un uomo che era di tutti il maestro ma anche di tutti l’allievo, forniva consigli pratici che andavano anche al di là del rapporto professionale, sconfinando sul piano di un profondo rapporto umano di cui non voleva privarsi mai.

Voleva capire fino in fondo chi aveva di fronte, voleva venire presto a conoscenza di come poteva essere incasellato nel suo disegno quel tassello di mosaico. Perché la sua era proprio una missione: creare opportunità e benessere per sé e per tutti i suoi collaboratori. Egli aveva capito come risolvere i suoi problemi e quelli di molti altri e non demordeva fino a quando non aveva ottenuto il suo risultato. Era necessario farcela, arrivare a tale risultato, ma era anche necessario di tanto in tanto fermarsi e riflettere, soprattutto quando il problema era di non immediata soluzione. Egli amava la sua terra, la Campania, infatti molte volte lo si è visto svoltare verso il mare o indugiare in luoghi ameni per goderne gli splendidi panorami. Angelo era infatti un imprenditore che non aveva reciso le sue radici e non aveva tradito i ragazzi della sua terra. Continuava a credere che fosse possibile creare lavoro anche in un una terra ad altissimo tasso di disoccupazione e in particolare giovanile. È proprio questa caratteristica voglia di non tradire le aspettative dei più giovani che lo rendeva innanzitutto padre di tutte quelle persone che guardavano a lui con fiducia – questa la suscitava proprio sempre e subito – e speranza. Angelo oggi è nel ricordo di oltre quattrocento famiglie e la sua ricchezza sta proprio in questo. Ognuno nel ricordarlo ha qualcosa di nuovo da aggiungere: ognuno custodisce un piccolo pezzo della sua meravigliosa anima. Ricostruire i tratti della sua persona significa non solo comporre i pezzi di una storia di successo aziendale, ma anche di una famiglia e di una grande squadra che ancora oggi lavora e produce innovazione e benessere in un quadro macroeconomico mondiale quanto mai critico. Alcune delle testimonianze fra le più vicine alla figura di quest’uomo dicono di sentirlo ancora vicino, esattamente come se fosse ancora vivo, al loro fianco. Può essere certo l’effetto di ciò che Angelo ha voluto lasciare alle persone, tante, alle quali ha voluto bene: un aiuto, un insegnamento, un metodo che le rendesse il più possibile autonomi, indipendenti. In fondo amare una persona è amare la sua libertà e normalmente questa libertà viene ripagata con amore. A noi piace pensare che Angelo sia effettivamente lì, accanto a ciascuno dei suoi. Familiari, amici, collaboratori, conoscenti. E che se il Padreterno ha deciso di chiamarlo a sé, pur nel dolore che questo ha comportato per chi ha lasciato, è perché don Angelo la sua missione sulla terra l’aveva ormai compiuta ed andandosene… è rimasto con loro. Aiutandoli a trovare una soluzione, una strada per conto loro, andava facendo loro un altro grande dono non facile da accettare: quello di abituarli ad emanciparsi dalla sua presenza fisica.

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